WWW.MYBLUEBOX.IT: IL PRIMO PORTALE ITALIANO DEDICATO ALLA PREVENZIONE DEL DISAGIO NEI FIGLI DI PERSONE AFFETTE DA UN DISTURBO PSICHICO

E’ stato presentato il 16 febbraio, a Firenze, nel corso del Convegno “ROTTE DIGITALI – salute, benessere mentale e adolescenza 2.0”, My Blue Box, il primo portale italiano dedicato alla prevenzione del disagio nei figli di persone affette da un disturbo psichico: www.mybluebox.it

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Si parla spesso di salute mentale, ma non altrettanto spesso di cosa voglia dire essere figlio di un genitore che soffre di disturbi come la depressione, il disturbo bipolare, la schizofrenia.

In Italia e nel mondo sono milioni i bambini e gli adolescenti che vivono in famiglie in cui la madre o il padre (talvolta entrambi) hanno un problema di salute mentale e che si trovano spesso da soli a dover affrontare e gestire gli aspetti legati a questa situazione. Rabbia, dolore, vergogna, senso di colpa, paura, smarrimento. La sensazione di non poterne parlare con nessuno e il non ricevere, in molti casi, alcun supporto: essere, in altre parole, invisibili.

Studi internazionali hanno ampiamente dimostrato che interventi tempestivi di prevenzione e supporto riducono nettamente il disagio ed il rischio per questi minori di soffrire a loro volta in futuro di un disturbo psichico.

My Blue Box nasce per offrire un primo spazio di informazione e prevenzione dedicato, che sceglie Internet come canale privilegiato per raggiungere in modo capillare non soltanto i ragazzi, ma anche genitori e professionisti che operano a contatto con loro.

My Blue Box è stato realizzato grazie all’impegno dell’Associazione Contatto Onlus ed ha ottenuto il patrocinio dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, che ha anche finanziato la realizzazione di un video per illustrare la tematica e far conoscere il portale.

Perché My Blue Box, e come è cominciato tutto? Negli ultimi tre anni un gruppo di professionisti della salute mentale operanti all’interno del DSM dell’Ospedale Niguarda e dell’Associazione Contatto Onlus si è occupato del tema della prevenzione del disagio psichico in figli di genitori affetti da disturbo mentale, tematica oggetto di diffuso interesse in Europa e nel mondo e chiamata con l’acronimo COPMI (Children Of Parents with Mental Illness).

In Italia si stanno muovendo i primi passi e nel 2013 è nato il Progetto Semola, un progetto preventivo che attraverso percorsi psicoeducativi di stampo americano/finlandese si rivolge agli utenti del servizio psichiatrico territoriale, al loro partner e ai loro figli di età compresa tra i 6 e i 14 anni per offrire spazi di parola legati al tema della malattia psichica in famiglia. Questo perché la ricerca scientifica e la letteratura confermano che questi bambini hanno un rischio tre volte maggiore di sviluppare a loro volta una sintomatologia psichica rispetto ai loro pari non esposti a questo stress. Oggi Semola è diventato un programma articolato, con anche l’ambizioso progetto di creare il portale bilingue MY BLUE BOX.

Grazie ad un primo finanziamento della Fondazione Johnson & Johnson è stato possibile creare il nome, realizzare il logo ed il portale. My Blue Box è attualmente alla ricerca di nuovi sponsor, privati e/o istituzionali, che vogliano contribuire all’ampliamento dei contenuti e dei servizi offerti ed al mantenimento del portale. Prossimamente sarà lanciata online anche una campagna di crowdfunding ed è già possibile, per chi lo desidera, contribuire con una donazione tramite Pay Pal o bonifico bancario.

E’ stata inoltre costituita una Commissione Scientifica che supervisionerà i contenuti del portale, attualmente così formata:

  • Stefania Buoni, esperta in comunicazione e web marketing nell’area della prevenzione nella salute mentale
  • Marco Goglio, psichiatra, Direttore Str. Complessa di Psichiatria di Saronno (VA)
  • Livia Pomodoro, già Presidente Tribunale per i Minorenni di Milano
  • Tytti Solantaus, neuropsichiatra infantile, responsabile dell’Effective Family Programme in Finlandia e responsabile dell’area estera del Portale MBB
  • Francesca Tasselli, psicologa psicoterapeuta, Vicepresidente Associazione Contatto Onlus e responsabile Programma Semola
  • Alberto Zanobio, psichiatra, Resp. Str. Semplice “Psichiatria di Comunità 2”, ASST “Grande Ospedale Metropolitano Niguarda”, Milano

Ogni associazione italiana o europea che ha a che fare con questa tematica potrà avere una propria finestra gratuita, da gestire autonomamente, dove descrivere le proprie attività e inserire i riferimenti per essere contattata, così come potrà inserire eventi o news per tenere sempre aggiornato il portale.

 

Per saperne di più: http://www.mybluebox.it/

PROSSIMO INCONTRO DEGLI E.P.E. (“ESPERTI PER ESPERIENZA”) LUNEDÌ 9 NOVEMBRE 2015 – ORE 20.30

Prossimo incontro degli E.P.E. (Esperti per Esperienza), lunedì 9 novembre 2015 – ore 20.30, al piano terra dell’oratorio di Darfo Boario Terme presso la sede dell’Associazione Percorsi di Luce.

L’incontro è aperto agli E.P.E. – volontari Esperti per Esperienza – già operativi o che intendono diventare operatori volontari.

Gli “E.P.E.” sono volontari presenti nel reparto di psichiatria presso l’ospedale di Esine il SABATO pomeriggio dalle ore 13.30 alle ore 15.30 e si occupano di:

  • agevolare l’accoglienza dei familiari dei pazienti, sia fornendo loro utili informazioni per la gestione del percorso di cura del proprio familiare, sia eventualmente per un supporto morale, nonché per eventuali altre necessità similari.
  • interagire con i pazienti che lo desidereranno, nel corso della loro permanenza nel reparto.

Il progetto, realizzato in collaborazione con l’A.S.L. di Vallecamonica, è partito sperimentalmente circa un anno fa, con 4-5 famigliari molto volonterosi, che nel corso dei mesi hanno vissuto delle importanti esperienze.

PER GARANTIRE E POTENZIARE IL SERVIZIO DURANTE TUTTO L’ANNO ABBIAMO BISOGNO DI ALTRI VOLONTARI.

SE PENSI DI POTER DIVENTARE UN E.P.E. OPPURE VUOI AVERE MAGGIORI INFORMAZIONI IN MERITO PUOI CONTATTARE MINA (CELL. 3401248187), DORIANA (CELL. 3384046244) OPPURE JACQUELINE (CELL. 3283221837).

CERCASI VOLONTARI E.P.E. (esperti per esperienza)

Gli “E.P.E.” sono volontari presenti nel reparto di psichiatria presso l’ospedale di Esine il SABATO pomeriggio dalle ore 13.30 alle ore 15.30 e si occupano di:

  • agevolare l’accoglienza dei familiari dei pazienti, sia fornendo loro utili informazioni per la gestione del percorso di cura del proprio familiare, sia eventualmente per un supporto morale, nonché per eventuali altre necessità similari.
  • interagire con i pazienti che lo desidereranno, nel corso della loro permanenza nel reparto.

Il progetto, realizzato in collaborazione con l’A.S.L. di Vallecamonica, è partito sperimentalmente circa un anno fa, con 4-5 famigliari molto volonterosi, che nel corso dei mesi hanno vissuto delle importanti esperienze.

PER GARANTIRE E POTENZIARE IL SERVIZIO DURANTE TUTTO L’ANNO ABBIAMO BISOGNO DI ALTRI VOLONTARI.

SE PENSI DI POTER DIVENTARE UN E.P.E. OPPURE VUOI AVERE MAGGIORI INFORMAZIONI IN MERITO PUOI CONTATTARE MINA (CELL. 3401248187), DORIANA (CELL. 3384046244) OPPURE JACQUELINE (CELL. 3283221837).

manifesto ricerca EPE

Clicca qui per il manifesto di ricerca volontari E.P.E. (formato .pdf)

STOPOPG SU PRIMA RELAZIONE AL PARLAMENTO SUL PROGRAMMA DI SUPERAMENTO DEGLI OPG

La prima Relazione al Parlamento sul Programma di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è tempestiva e chiara. Gran parte degli internati risulta dimissibile: non servono proroghe, né Rems ma più assistenza nel territorio e fermare i nuovi ingressi.
Il problema era e rimane la presa in carico e la cura nel territorio delle persone con problemi di salute mentale.

La relazione dimostra che gran parte degli internati risulta dimissibile, quindi non servono proroghe, né Rems: ora è possibile chiudere gli Opg e spostare gli interventi (e le risorse) per la cura delle persone nel territorio. Ma bisogna fermare i nuovi ingressi.
I dati sul “turn over” negli OPG – nel trimestre 1 giugno/1 settembre 2014 – segnalano:

  • che le previste dimissioni dei ricoverati che erano presenti in OPG al momento dell’entrata in vigore della legge (1 giugno2014) stanno avvenendo con lentezza.
  • che il trend di nuovi ingressi ancora non si inverte (67 dimissioni, 84 nuovi ingressi), nonostante la legge disponga priorità alle misure alternative. Questo deve preoccupare perché spesso dipende dalla mancanza di presa in carico delle persone e di collaborazione tra magistratura e servizi delle ASL.
  • che tuttavia la Legge 81 sta producendo primi effetti:

– presentati dalle Regioni/Dsm n. 826 Progetti Individuali (su 846 internati)

– giudicati “dimissibili” n. 425 persone, cioè oltre il 50% degli attuali internati: e già questo dato dimezzerebbe il fabbisogno di REMS (previsto oggi in 900 posti)

– analizzando le motivazioni che dichiarano i pazienti “non dimissibili” (si tratta di n. 350/400 persone) risulta che solo un’esigua minoranza sarebbe nelle condizioni di “dover restare” in OPG (o in seguito nelle REMS) secondo il dettato normativo.

Infatti solo il 17% dei “non dimissibili” (quindi l’8,5% degli attuali internati), secondo quanto riporta la Relazione, conserva la condizione di “pericolosità sociale” come ridefinita dalla Legge 81.
Inoltre, fra le persone dichiarate “non dimissibili” per ragioni diverse dalla pericolosità sociale, ben il 40% (circa 160 unità) lo è per “motivazioni cliniche”: una tale motivazione non sembra accettabile vista la ratio della nuova legge che sposta l’asse del’intervento dall’Opg al territorio…

Le Rems

I dati della Relazione sulle persone “dimissibili” segnalano che le Rems sono quantomeno residuali.
Realizzarle a tutti i costi (attualmente sono oltre 900 i posti progettati) sarebbe uno spreco e una scelta sbagliata.
Dalla Relazione risulta confermato, salvo eccezioni, impossibile costruire le Rems nei tempi previsti dalla Legge per chiudere gli OPG (31.3.2015). Questo solo in minima parte è un ritardo dovuto alle Regioni, sono le norme vigenti che impediscono tempi più celeri.

Ma non è un male: è semmai un’opportunità per rivedere i programmi regionali, destinando i finanziamenti in conto capitale e quelli correnti al potenziamento dei Servizi socio sanitari, DSM in primis (come prevede la stessa legge 81) e ai budget per i PTRI.
Anche per questo bisogna sbloccare il riparto dei finanziamenti di parte corrente e a dare indicazioni in questo senso in sede di Organismo di Monitoraggio e Coordinamento.
È augurabile pure che alcune regioni virtuose possano presentare progetti residenziali alternativi alle Rems
Si conferma che il tratto più interessante della legge 81 è aver spostato il baricentro dal binomio “malattia mentale/pericolosità sociale e cura/cusotodia” (Opg o Rems) ai progetti di cura e riabilitazione individuali e nel territorio. Cambiando la vecchia normativa (la legge 9/2012) si è aperta una nuova fase per applicare le nuove norme nello spirito della “legge 180”.

Perciò i programmi delle Regioni possono e devono spostare attenzione e investimenti dalle Rems (i cosiddetti mini Opg) ai percorsi di cura e riabilitazione individuali, per evitare l’internamento, potenziando i servizi socio-sanitari territoriali, che servono a tutti i cittadini. Ed è quello che sta accadendo in alcune Regioni.
La legge 81 va applicata in questa direzione, anche per scongiurare ulteriori proroghe della chiusura degli OPG e per orientare gli stessi eventuali commissariamenti per le regioni inadempienti.
Per quanto riguarda gli atti della Magistratura, secondo la Relazione illustrata, risulterebbe:

  • persistenza delle misure di sicurezza provvisorie (1/3 degli internati)
  • (per chi è già internato) una riduzione dei tempi per il riesame della pericolosità sociale e per la fissazione della nuova udienza. Nelle ordinanze viene prescritto un termine entro il quale i servizi devono definire un Progetto Terapeutico Riabilitativo Individuale (PTRI), avendo come finalità misure alternative alla detenzione
  • che la proroga della misura di sicurezza detentiva in OPG è decisa perché persiste la pericolosità sociale o riemerge uno “scompenso psico patologico”. Su questo punto è indispensabile un approfondimento: quale “scompenso” si affronta/risolve con il ricovero in OPG ? Questa motivazione contrasta con lo “spirito” della legge 81 (e della stessa legge 180 …).
  • non vi sono ancora dati sulle dimissioni per decorrenza dei termini della misura di sicurezza detentiva (quindi anche per evitare i cosiddetti “ergastoli bianchi). La cui durata massima secondo la nuova legge non può essere superiore a quella della pena per corrispondente reato”. Dalla Relazione risultano due “tendenze” per questi casi: dimissioni dall’Opg senza condizioni o con libertà vigilata. Entrambe hanno una ragionevolezza: la libertà vigilata “mantiene” in qualche modo una attenzione alla persona, può funzionare come momento di presa in carico ma la espone al rischio di violare prescrizioni e quindi di tornare in Opg, mentre la liberazione incondizionata evita questo rischio ma può accompagnarsi all’abbandono della persona. Su questo problema è necessario aprire un confronto.

Non è chiaro invece quanti detenuti (ex articolo 148 CP) siano stati inviati e siano ancora in Opg dopo l’approvazione della legge 81. In ogni caso risulta indispensabile diffondere le migliori pratiche e i protocolli di collaborazione tra Magistratura e Regioni (Asl/Dsm).

La Relazione al Parlamento, presentata nel rispetto dei tempi previsti, chiara e con dati trasparenti, ci conferma nell’idea che non servono proroghe, né Rems. La relazione dimostra che gran parte degli internati risulta dimissibile, ora è possibile chiudere gli Opg e spostare gli interventi (e le risorse) per la cura delle persone nel territorio.

Articolo di stopOPGStefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Patrizio Gonnella, Denise Amerini – 3 novembre 2014

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IL PROGRAMMA DI INTERVENTO DELLA REGIONE LOMBARDIA

– il programma prevede la realizzazione di n. 4 strutture residenziali per un costo complessivo di 34 milioni di euro. E’ prevista la realizzazione di n. 240 posti letto, di cui n. 120 nella struttura riqualificata dell’OPG di Castiglione delle Stiviere. Le altre 3 strutture hanno una dotazione di n. 40 posti letto e sono ubicate nelle provincie di Como, Brescia e Milano. I tempi di realizzazione sono stimati dai 20 ai 32 mesi. La Regione ha presentato, in data 11 luglio 2014, un nuovo programma rispetto a quello già approvato dal Ministero con D.M. 14 gennaio.

Clicca quì per leggere l’intera Relazione Parlamentare. (formato .pdf)

AVANZA IL DISEGNO DI LEGGE DELLA NUOVA LEGGE SULLA SALUTE MENTALE: ASSEGNATO IL n. 2233 – DISPONIBILE IL TESTO

Ha cambiato numero, da 180 e’ diventata 2233 (il numero assegnatogli dalla Camera dei Deputati), ed ha cambiato anche un po’ pelle e non ci sarà, almeno per il momento, la riduzione della quota variabile dello stipendio di risultato per i medici
inadempienti. Ma la sostanza c’è. Leggere per credere!

Il 18 giugno alle 13.00 a Roma, in parlamento, ci sarà con la Conferenza stampa di presentazione e poi, comunica Renzo De Stefani, primo e grande sostenitore della proposta di legge, si riprenderà la raccolta delle firme e lo svolgimento degli incontri per spiegare la 180/2233, raccogliere interessi e consensi, tanti, che saranno fondamentali per farla navigare nelle non facili acque parlamentari.

Clicca quì per leggere la proposta di legge

IN PARLAMENTO IL DISEGNO DI LEGGE DELLA NUOVA LEGGE SULLA SALUTE MENTALE

Approda in parlamento il disegno di legge “Norme per valorizzare, in continuità con la legge 13 maggio 1978, n. 180, la partecipazione attiva di utenti, familiari, operatori e cittadini nei servizi di salute mentale e per promuovere equità di cure nel territorio nazionale”.

Se andate sui 2 link del sito della camera che trovate qui sotto la potete vedere scritta nero su bianco e prossimamente dovrebbe essere pubblicato anche il testo.

http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/44212.htm

http://www.camera.it/leg17/126?leg=17&idDocumento=2233

Il primo firmatario è Ezio Casati, parlamentare PD, che attraverso gli uffici legislativi del suo partito ha lavorato per pulire le difficoltà di compatibilità con le competenze regionali. Finora ci sono altre 15 firme tra cui quella del Presidente della Commissione Affari sociali.
Primo impegno è la conferenza stampa di presentazione. Una prima ipotesi dice 11 giugno, naturalmente a Roma negli uffici della Camera.

INTERVENTO PSICOEDUCATIVO RIVOLTO AI FAMILIARI DI PAZIENTI PSICHIATRICI AFFETTI DA PSICOSI:

DA ANNI L’UOP DELLA NOSTRA ASL SPERIMENTA PERCORSI INFORMATIVI E FORMATIVI DI GRUPPO

L’attività psichiatrica attuale, in particolar modo quella rivolta alle condizioni più gravi (psicosi), si avvale soprattutto dei presidi della psicofarmacologia e di interventi selettivi di psicoterapia. Tuttavia, entrambi gli interventi hanno dimostrato i propri limiti sia nel controllo della sintomatologia, sia nella restituzione completa di un equilibrio interiore, sia nella ricostruzione funzionale di abilità perdute sul piano sociale. Queste considerazioni hanno spinto i ricercatori a strutturare modelli di intervento più complessi ed integrati che oggi, con lo scopo di riportare il funzionamento dell’individuo a livelli compatibili con una discreta qualità di vita, vengono definiti sotto il nome generico di riabilitazione. Uno tra i modelli più strutturati per la gestione delle psicosi è l’intervento psicoeducazionale integrato di Ian Falloon. Fulcro centrale di questo modello è il coinvolgimento attivo dei familiari nel progetto riabilitativo e l’apprendimento di abilità interpersonali. Si tratta di un intervento standardizzato strutturato in tre parti: una prima parte diagnostica, una seconda parte informativa ed una terza parte formativa con training sulle abilità di comunicazione e di soluzione dei problemi.

Il concetto di psicosi

Il termine “psicosi” è in uso nella letteratura psichiatrica a partire dal XIX secolo per indicare le malattie mentali in generale. Attualmente, nella psichiatria clinica il concetto di psicosi è estremamente ampio e comprende tutta una gamma di malattie mentali sia manifestamente organiche sia con eziologia ancora discussa e non sufficientemente chiarita. Nella pratica tradizionale, il termine psicotico indica la compromissione del giudizio di realtà e un’alterazione del funzionamento mentale, che si manifesta con deliri, allucinazioni, confusione e disturbi della memoria. Negli ultimi 50 anni, nell’accezione psichiatrica più comune il termine psicotico è diventato sinonimo di una grave compromissione del funzionamento personale e sociale, caratterizzato da ritiro sociale e incapacità di svolgere gli abituali ruoli familiari e lavorativi. Una prova diretta del comportamento psicotico è la destrutturazione della personalità ed una disgregazione psichica che comporta una compromissione del rapporto con la realtà, con presenza di alterazioni del contenuto del pensiero (deliri), alterazioni della senso-percezione (allucinazioni), in assenza della consapevolezza della loro natura patologica, perdita dell’affettività, presenza di stati maniacali e/o di episodi depressivi.

La schizofrenia ed il modello vulnerabilità-stress

La forma psicotica più frequente dopo le psicosi legate all’età è la schizofrenia. Viene considerata la più devastante tra le malattie mentali a causa della precocità d’esordio, della gravità sintomatologica e della frequente cronicizzazione. Questi fattori possono determinare un rapido deterioramento delle capacità del soggetto in numerose aree funzionali (lavorativa, relazionale, affettiva) con conseguente isolamento sociale. Secondo i dati riportati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’incidenza della schizofrenia oscilla tra 16 e 42 casi per 100.000 abitanti (in età compresa tra 18 e 54 anni). Per quanto riguarda il decorso del disturbo, i dati dell’OMS evidenziano come circa ⅓ delle persone che si ammalano di schizofrenia guarisca, tornando a svolgere la vita precedente la crisi senza ulteriori ricadute, anche se nel modo di vivere qualcosa rimane particolare; ⅓ dei pazienti avrà altre 6-7 ricadute della durata media di tre mesi (tra questi episodi psicotici il paziente è sano, anche se permangono degli stati residuali, come cambiamenti di personalità, disturbi del pensiero, impoverimento emozionale). Il paziente deve continuare a prendere farmaci ed ha una riduzione del rendimento sul lavoro e nella qualità della vita sociale. Il rimanente ⅓ sviluppa una schizofrenia cronica con onde psicotiche che si succedono una dopo l’altra. è interessante notare come queste successive onde psicotiche vengano spesso causate da fattori esterni (come conflitti familiari). Allo stato attuale non si conoscono con certezza i fattori che influenzano l’insorgere dei disturbi psichiatrici. Sebbene si sappia che vi è un certo grado di familiarità e di predisposizione congenita, in molti disturbi psichiatrici gravi sono ancora da chiarire le modalità di trasmissione genetica ed i meccanismi d’azione. “La teoria stress-vulnerabilità è un modello esplicativo della patogenesi dei disturbi mentali, secondo il quale in alcune persone l’effetto combinato della vulnerabilità genetica e di fattori stressanti supera la soglia individuale di adattamento bio-psico-sociale e favorisce la comparsa dei sintomi del disturbo mentale a cui la persona è vulnerabile” (Falloon, 1992, pag.13). Da questo punto di vista, le disfunzioni organiche e biochimiche “non sono sufficienti perché la malattia mentale si manifesti, ma è necessaria l’interazione di tali disfunzioni con fattori concomitanti di natura psicologica e ambientale” (ibidem, pag 14). Un fattore ambientale importante è rappresentato dallo stress, soprattutto quello quotidiano legato alle normali attività familiari, sociali e lavorative. I fattori di stress quotidiano sono molto difficili da misurare; tuttavia lo stress familiare è stato valutato con indici quali l’Emotività familiare Espressa E.E. – ed il “carico familiare”. Il trattamento della schizofrenia dimostratosi più efficace deve pertanto integrare un adeguato trattamento farmacologico del paziente, la psicoeducazione di tutti i membri del gruppo familiare sulla natura del disturbo, l’insegnamento delle abilità di comunicazione e di risoluzione dei problemi, l’identificazione dei segni precoci di crisi con la pianificazione di strategie d’intervento per affrontare le crisi. Inoltre deve essere valutato un adeguato inserimento sociale delle persone affette dal disturbo, sia sul piano abitativo e delle relazioni interpersonali, che sul piano del lavoro.

Emotività Espressa e Carico familiare

L’Emotività Espressa è stata definita come l’indice della temperatura emotiva nell’ambiente familiare, un indicatore dell’intensità della risposta emotiva del familiare in un dato momento temporale; essenzialmente un rivelatore della mancanza di affetto del familiare o del suo interessamento eccessivamente invadente nei confronti del paziente. In uno studio del 1985 Leff, Vaughn classificarono i familiari dei pazienti come ad alta o a bassa Emotività Espressa tenendo in considerazione quattro caratteristiche:

1. Rispetto verso le necessità relazionali del paziente: i familiari ad alta E.E. sono tendenzialmente intrusivi, cercano il contatto con il paziente indipendentemente dalle sue richieste, mentre quelli a bassa E.E. sono più in grado di adattarsi alle richieste ed ai bisogni espressi direttamente o indirettamente dal paziente.

2. Legittimazione della malattia: i familiari ad alta E.E. considerano il paziente responsabile di tutte o quasi tutte le sue azioni, anche quelle che chiaramente costituiscono sintomi, mentre quelli a bassa E.E. cercano di costruirsi una spiegazione razionale delle azioni del paziente, e riconoscono quelle dettate dalla sua malattia.

3. Aspettative per il paziente: i familiari ad alta E.E. nutrono in genere aspettative molto elevate per il paziente, indipendentemente dai deficit di quest’ultimo, mentre quelli a bassa E.E. nutrono aspettative realistiche, e tollerano meglio livelli di funzionamento sociale anche molto bassi.

4. Risposte emotive: i familiari ad alta E.E. spesso drammatizzano le proprie reazioni ai sintomi, e tendono ad avere modalità di risposta rigide ai momenti di crisi, mentre quelli a bassa E.E. sono in grado di controllare l’emotività e di adottare risposte flessibili.

Se la famiglia è caratterizzata da un’alta Emotività Espressa, il paziente avrà maggiori facilità di recidiva, cioè ricadrà più facilmente nella sintomatologia tipica della schizofrenia e avrà più possibilità di essere ricoverato in ospedale. Al contrario, una famiglia con un basso livello di Emotività Espressa sarà maggiormente in grado di comprendere i bisogni del paziente e di far fronte ai momenti di crisi.

Per quanto riguarda il concetto di “Carico Familiare” si fa riferimento alle conseguenze familiari pratiche e psicologiche legate alla convivenza e all’assistenza di un congiunto affetto da malattia mentale, sia nella loro dimensione oggettiva che soggettiva. La prima comprende tutti quei problemi pratici legati alla compromissione delle relazioni intrafamiliari, alla restrizione delle attività sociali e ricreative, alle difficoltà economiche; la seconda invece, descrive le reazioni psicologiche dei familiari quali il senso di perdita, di colpa, depressione, ansia, disagio in luoghi pubblici. I familiari riportano alti livelli di carico quando riferiscono riduzione dei loro interessi sociali, senso di perdita ed effetti negativi sull’andamento della famiglia e inoltre quando ricevono uno scarso sostegno pratico e psicologico dalla rete sociale in cui sono inseriti.

L’intervento psicoeducativo e la sua applicazione in psichiatria

Negli ultimi anni si è sviluppato un indirizzo terapeutico psicosociale denominato “psicoeducativo”. Esso ha le caratteristiche di occuparsi della situazione complessiva del paziente psichiatrico, delle sue relazioni con l’ambiente di riferimento ed in particolare, con quello familiare. Sebbene più della metà degli adulti con persistenti disturbi psichiatrici vivano con i loro familiari, soltanto il 10% delle famiglie con pazienti schizofrenici riceve, da parte dei Professionisti della Salute Mentale, supporto ed “educazione”. Questo succede nonostante il dato eclatante che la partecipazione familiare riduca notevolmente le ricadute, l’indice dell’emotività espressa ed il carico familiare. L’intervento psicoeducativo nasce dalla constatazione di come di fatto i familiari siano i più diretti interessati nella cura del paziente essendo coloro che spendono la maggior parte del tempo in sua compagnia. Purtroppo, troppo spesso, sono logorati dalle richieste e dalle esigenze del loro congiunto e tendono a mettere in atto modalità espulsive nei suoi confronti; se opportunamente stimolati ed educati, possono invece imparare a ridurre lo stress presente all’interno della loro famiglia e diventare inoltre una preziosa fonte di informazioni, grazie alla loro esperienza, sulle tecniche più utili da adottare per fronteggiare i problemi di quel particolare paziente. Il modello più standardizzato e facile da applicare è quello di Ian Falloon, psichiatra neo-zelandese.

Le caratteristiche salienti dell’approccio integrato di Fallon sono:

• Fornire informazioni dettagliate ed accurate alle famiglie sul disturbo e sulle principali modalità di gestione.

• Insegnare modalità efficaci di comunicazione.

• Individuare segni precoci di crisi e piano di intervento per poterne bloccare tempestivamente lo sviluppo.

• Aumentare nella famiglia la capacità di fare fronte allo stress.

• Promuovere interventi di solidarietà reciproca tra i familiari.

• Coinvolgere associazioni dei familiari e sostegno da parte dei Servizi di Salute Mentale.

L’intervento psicoeducativo nell’ Unità Operativa di Psichiatria (UOP) dell’ASL di Vallecamonica-Sebino

In linea con i modelli più recenti di trattamento dei disturbi mentali gravi (psicosi), già da qualche anno nella nostra UOP è stata attivata una sperimentazione finalizzata a coinvolgere i familiari nei trattamenti riabilitativi dei pazienti. Si tratta di percorsi informativi di gruppo, rivolti ai familiari dei pazienti gravi già in carico alla UOP. Con il termine “familiari” si fa riferimento non solo a parenti, ma anche a partners, fidanzati, amici, vicini, ecc. cioè a tutte le persone che si occupano del paziente. Lo scopo di questi incontri è quello di correggere gli atteggiamenti negativi dei familiari nei riguardi del paziente, far capire loro che il comportamento deviato è un riflesso della malattia mentale e che non si tratta di un comportamento dispettoso o cattivo. Il fine è riuscire a trasmettere alle famiglie una modalità relazionale nei confronti del paziente che sia più efficace nel fronteggiare le situazioni di crisi.

I primi percorsi di gruppo hanno preso avvio nel 1996 e sono poi continuati fino al 1999; in seguito, per alcuni problemi organizzativi, si è resa necessaria un’interruzione di tale attività che è ripresa poi nel 2004 e continua tutt’ora. In questi 7 anni sono stati realizzati 14 percorsi di “base”, così definiti perché si pongono l’obiettivo di:

• migliorare la conoscenza di tutti i familiari del disturbo di cui soffre il paziente e del suo trattamento farmacologico;

• indicare cosa fare di fronte a sintomi allarmanti e a comportamenti disturbanti;

• dare informazioni dettagliate su cosa fare e chi contattare in caso di crisi;

• fornire ai familiari una conoscenza puntuale dei servizi offerti dalla UOP dal punto di vista medico, psicologico, sociale e riabilitativo;

• far conoscere ai familiari le associazioni per la Salute Mentale ed i gruppi di auto-mutuo aiuto operanti sul territorio della Valle.

Ad oggi, nei diversi gruppi sono stati coinvolti circa 280 familiari residenti su tutto il territorio della Vallecamonica.

I corsi, che si sono svolti a Cividate, presso la sede della Biblioteca e del Centro Anziani, e a Breno, presso la sede della Cooperativa Sociale “Arcobaleno”, sono stati condotti dagli operatori dell’UOP (Psichiatri, Psicologi, Assistente Sociale, Educatori Professionali e Infermieri) e, nell’ultimo anno hanno visto la partecipazione attiva, in qualità di “esperti”, di alcuni membri dell’Associazione Alleanza per la Salute Mentale di Vallecamonica-Onlus.

Dall’analisi dei questionari di valutazione e di gradimento somministrati al termine di ogni percorso di gruppo, è emersa una generale soddisfazione per gli incontri realizzati, ma anche la necessità per i familiari di continuare ad incontrarsi ed ad arricchire il proprio bagaglio di competenza e conoscenza dei disturbi mentali e delle modalità relazionali più efficaci da utilizzare con i pazienti. Per cercare di dare una risposta a tali bisogni, gli operatori dell’UOP hanno progettato per l’autunno 2008 altri percorsi di gruppo a carattere formativo, rivolti ai familiari che hanno già preso parte ai “gruppi base”. Scopo di questi incontri, che coinvolgeranno circa 10/12 persone per volta, è quello di insegnare le abilità di comunicazione interpersonali al fine di rendere i membri della famiglia capaci di avere discussioni costruttive per la soluzione di problemi individuali o collettivi e migliorare le abilità dei partecipanti di gestire i periodi di stress. In particolare verranno approfondite, attraverso esercitazioni pratiche, quelle abilità di comunicazione che sono carenti nelle famiglie sotto stress, ma che possono contribuire ad un sostanziale miglioramento dell’efficacia nella soluzione di problemi e nel raggiungimento di obiettivi personali e familiari. Esse sono: esprimere sentimenti piacevoli; fare richieste in modo positivo; esprimere sentimenti spiacevoli; ascolto attivo. Si tratta quindi di un Addestramento alle Abilità Sociali (A.A.S.), in Inglese Social Skills Training che si è dimostrato efficace anche nel modificare le condotte aggressive e nel migliorare le sindromi depressive. Tali percorsi formativi saranno condotti dagli operatori dell’UOP (Psicologi e Educatori Professionali) ed avranno sede presso la Coop. Sociale “Arcobaleno” di Breno.

Il Responsabile del CPS di Malegno Dr. Vincenzo Zindato
Le Psicologhe dell’UOP Dr.sse: Giacinta Pini,
Chiara Moreschi, Elena Massari

Articolo tratto dal periodico SANITA’ CAMUNA dell’A.S.L. di Vallecamonica n. 03/2008. Pagine 28,29,30 – autore Dr. Vincenzo Zindato, Dr.sse Giacinta Pini, Chiara Moreschi, Elena Massari

Questo il sito al quale poter consultare tutti i numeri del periodico: www.aslvallecamonicasebino.it